“Dovrò soltanto re-imparare a camminare se non ci sei tu”… Recita così il testo di un’artista contemporaneo che racconta il superamento della delusione dopo la fine di un’amore. Quante volte abbiamo ascoltato canzoni, guardato film, studiato opere letterarie che raccontano l’amore e la sua fine, che rappresentano il dolore dell’abbandono? E quante volte abbiamo vissuto sulla nostra pelle la separazione da colui o colei che aveva giurato amore eterno?
L’esperienza della separazione esiste dalla notte dei tempi, pensiamo semplicemente al momento del parto quando il bambino abbandona il ventre materno per iniziare a vivere in un’ambiente diverso da quello che ha abitato per 9 mesi. Nonostante la predisposizione biologica e psicologica alla separazione, la fine di una relazione è un’esperienza che rimarrà impressa; è senza dubbio un evento che non si è mai pronti a vivere.
Anzi, spesso succede di essere più fragili e spaventati.
Quando un legame importante si spezza si vive un vero e proprio lutto, perdere qualcuno di speciale implica contemporaneamente perdere una parte di se stessi, è come uno strappo, un’amputazione emotiva che costringe ad iniziare a vivere senza quel pezzo. In letteratura, infatti si parla di lutto anche a proposito della fine di una relazione e non solo in riferimento alla morte di una persona cara.
Cosa ci succede quando una relazione si spezza?
Il periodo che segue la rottura è caratterizzato da alcune risposte “tipiche” che compongono un vero e proprio “quadro” del dolore necessarie ad elaborare la perdita.
Esse però non sono lineari e sempre correlate, infatti quanto più recente è la perdita tanto più cangianti sono le fasi di dolore.
Ma quali sono queste risposte?
Inizialmente vi è l’incredulità “Come può essere successo?” “Non è vero…non è possibile…”; l’annuncio della rottura arriva come una doccia fredda, inaspettata, si ha l’impressione di vivere all’interno di una bolla di sapone estraniati da tutto e tutti con l’unico obiettivo di attaccarsi a chat, vecchi messaggi, foto nell’illusione di poter ricucire quello strappo.
Dall’incredulità si passa poi alla ricerca delle soluzioni più disparate per risanare la situazione negando la perdita e rifiutando la realtà; “ Non posso crederci “ “ Non sta succedendo davvero”. L’idea che la persona amata non esiste più conduce ad una profonda tristezza, che come ci ha insegnato il film d’animazione “Inside Out” Tristezza è necessaria ed indispensabile per Gioia.
Più tardi sopraggiunge la rabbia , anche se essa è trasversale a tutto il “periodo” di elaborazione. La rabbia verso colui o colei che ci ha abbandonato che ha pronunciato la parola fine “Come ha potuto? Mi vendicherò” e la rabbia verso sé stessi, in termini di ingiustizia per quello che si sta vivendo.
Alla rabbia segue il senso di colpa, l’altro viene demonizzato o idealizzato, ci si carica di tutte le colpe per la fine della relazione rischiando di cadere in uno stato di forte ed intensa ansia che è controproducente e che può condurre a stati emotivi instabili e depressivi, con la finalità di trovare una spiegazione razionale e tollerabile.
L’ultima fase è quella dell’accettazione, qui si inizia a divenire consapevoli di quanto successo, a pensare a sé, a dirigere la mente verso il futuro e non più verso il passato. L’accettazione è necessaria per il superamento della rottura ed aiuta ad inscrivere quanto successo nell’ordine naturale delle cose, ad accettare la perdita e a proiettarsi verso il futuro con entusiasmo e positività.
Non si tratta di un processo lineare e dritto, non vi è un tempo prestabilito di inizio e fine. Si tratta piuttosto di un percorso interiore attraverso il quale sorgono domande, si esplorano nuove possibilità, si conoscono le proprie risorse, i propri punti di forza e di debolezza necessari per definire se stessi e per cambiare quei comportamenti che non sono stati funzionali alla felicità e al benessere.
Quindi se da un lato la fine di una relazione è una delle esperienze più dolorose che l’essere umano può vivere, dall’altro può essere vista con una lente diversa ossia, considerarla un’ opportunità di cambiamento, di crescita personale ed emotiva, un nuovo inizio senza ripassare dal via. È un azzeramento di tutto quello che si era fino a quel momento, una riscoperta di parti di sé che in realtà erano già presenti e che l’altro ha solo attivato. È la possibilità di riappropriarsi di quelle emozioni che erano state confinate nel rapporto con l’altro, ripensare alle direzioni da seguire dove la riconquista più grande diventa riscoprire la propria identità, capire cosa ci fa muovere verso un nuovo amore con una nuova consapevolezza.
“È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito… Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio”.
Serena Armocida
Istituto di Sessuologia Clinica
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