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Troppo sole. Quali i rischi?

Tutti sentiamo parlare dei rischi per la pelle derivanti da una eccessiva o errata esposizione …

Troppo sole. Quali i rischi?
Troppo sole. Quali i rischi?

Tutti sentiamo parlare dei rischi per la pelle derivanti da una eccessiva o errata esposizione ai raggi solari. Ma quali sono questi rischi? Li conosciamo davvero tutti? Da quelli solamente fastidiosi, o antiestetici, a quelli ben più seri e potenzialmente gravi. Per cercare di fare chiarezza su questo argomento abbiamo chiesto al Prof. Andrea Romani, Dermatologo Plastico a Montecatini Terme, di spiegarci esattamente quali sono i rischi per la pelle e per la nostra salute. Ecco cosa ci ha spiegato

A quali rischi ci si espone, non prendendo le precauzioni giuste, quando ci si espone al sole diretto per periodi di tempo prolungati?

Il sole è una fonte luminosa che emette un ampio spettro di radiazione elettromagnetica della quale, però, l’occhio umano percepisce solo una parte – quella cosiddetta visibile.

Lo spettro di luce visibile non è altro che l’insieme dei colori che è possibile ammirare nell’arcobaleno.

Ognuna di queste cromie rappresenta una lunghezza d’onda la cui unità di misura è il nanometro (nm): nel caso della luce visibile tali lunghezza d’onda variano fra i 400 nm del violetto ai 760 nm del rosso. Al di sotto dei 400 nm il sole emette i raggi ultravioletti (UVR, 200-400 nm) e al di sopra dei 760 nm i raggi infrarossi (IR, 760-106 nm). Anche per gli UVR è possibile distinguere singole lunghezze d’onda: i raggi ultravioletti A (UVA, 320-400 nm), i raggi ultravioletti B (UVB, 290-320 nm) e i raggi ultravioletti C (UVC, 100-290 nm). Eccezion fatta per gli UVC, bloccati dallo strato di ozono, tutte le restanti radiazioni – gli UVA, gli UVB, il visibile e gli infrarossi – arrivano sulla terra e di conseguenza interagiscono con la nostra pelle.

Il 5% della radiazione UVR che arriva sulla pelle è rappresentata dagli UVB mentre il 95% dagli UVA.

Gli UVB penetrano poco nella pelle, vengono bloccati negli strati superficiali ma hanno un elevato carico di energia.

La pelle per proteggersi dall’aggressione dei raggi solari mette in atto una serie ben precisa di meccanismi di difesa: aumenta il suo spessore cutaneo, libera e sintetizza melanina per formare uno scudo di protezione.

Tali meccanismi di protezione non sono ugualmente efficace per tutti gli individui, basti pensare alla capacità di abbronzarsi dei soggetti di carnagione chiara.

Se da un lato l’interazione tra la luce solare e la pelle è fondamentale, ad esempio per la sintesi di vitamina D e per stimolare la produzione di ormoni che regolano il ciclo del sonno-veglia, dall’altro può causare effetti collaterali, che si manifestano in seguito ad un danno diretto dei raggi solari oppure indiretto.

Vediamo le differenze:

Interazione radiazione solare-pelle:danno acuto.

Ad occhio nudo, il primo segnale che è possibile osservare sulla pelle in seguito al danno acuto è l’arrossamento, un eritema localizzato su tutte le aree foto-esposte.

Successivamente, dopo qualche ora, il colore della pelle cambia, si abbronza, in seguito alla liberazione di melanina. Nella cute è sempre presente una certa quantità di melanina pre-formata che viene rilasciata immediatamente dopo la prima esposizione al sole.

Infine, la pelle inizia ad ispessirsi. Immaginate la pelle di un contadino che per motivi professionali è esposto per lunghi periodi dell’anno al sole.

Microscopicamente, invece, aumenta la vascolarizzazione,la vasodilatazione dei vasi sanguigni della cute e vengono liberate una serie di mediatori chimici dell’infiammazione.

Tutte queste sostanze innescano un processo infiammatorio apprezzabile, appunto, con l’arrossamento della pelle.

Il danno acuto è dovuto essenzialmente ai raggi UVB che da un lato inducono un’infiammazione e dall’altro determinano, dato il loro elevato livello di energia, un danno diretto al DNA delle cellule dello strato basale dell’epidermide.

Fortunatamente, le cellule hanno dei validi sistemi di riparazione dei danni a carico del DNA, tipo delle  sentinellae in grado di bloccare la replicazione delle cellule con DNA danneggiato oppure, se il danno è notevole, induce l’apoptosi, la morte programmata di tali cellule.

Un meccanismo perfetto se non fosse che…

Continuando l’esposizione al sole, i raggi UVA interagiscono con specifiche molecole cutanee portando un’ossidazione, favorisce la formazione di radicali liberi dell’ossigeno  che, a loro volta creano indirettamente un ulteriore danno cellulare oltre a quello descritto.

Interazione radiazione solare –pelle:danno cronico.

Il danno cronico è quello di piccola entità rispetto al precedente ma sistematicamente reiterato nel tempo.

Oggi sempre più spesso viene sottolineata l’importanza degli UVA quale causa del problema.

Gli UVA, pur avendo un carico di energia inferiore rispetto agli UVB, sono in grado di penetrare più in profondità nella cute, fino al derma papillare e attraverso un danno indiretto, simile a quello appena spiegato, inducono il photoaging, l’immunosoppressione, e la foto-carcinogenesi.

A differenza dell’invecchiamento cutaneo intrinseco, quello fisiologico dovuto all’età anagrafica e che si manifesta con la presenza di rughe sottili e modesta lassità cutanea, il photoaging o invecchiamento cutaneo estrinseco è la conseguenza della cronica esposizione al sole.

Clinicamente si manifesta con: secchezza cutanea, chiazze brunastre al dorso delle mani, avambracci, volto, dorso, rughe marcatamente profonde, teleangectasie, marcata lassità cutanea, macchie color porpora e precancerosi cutanee.

I raggi UVA inoltre modulano negativamente la funzionalità del sistema immunitario determinando una immunosoppressione che oltre a favorire le infezioni virali cutanee,vedi le infezioni erpetiche,abbassa anche il livello di sorveglianza sullo sviluppo di cellule tumorali che, a questo punto, possono svilupparsi e replicarsi, favorendo l’insorgenza dei tumori della pelle.

In conclusione, lo sviluppo dei tumori della pelle, la carcinogenesi, è un processo multistep dove sono necessari più momenti che simultaneamente devono verificarsi e concatenarsi: il danno diretto-indiretto del DNA cellulare, la mancata riparazione di tale danno perché grave fin dall’inizio e/o in seguito all’immunosoppressione, il conseguente sviluppo e replicazione delle cellule tumorali.

Ci sono però due novità!

E’ possibile immaginare di aiutare le cellule cutanee a riparare il danno al DNA indotto dagli UVB e/o a smaltire lo stress ossidativo cellulare dovuto ai raggi UV?

La risposta è sì. Un sì che deve essere ripetuto due volte.

Esiste un sistema di fotoprotezione che oltre a garantire una protezione a largo spettro con SPF 50 contiene al suo interno un enzima: la fotoliasi.

La fotoliasi, estratta dal cianobatterio Anacystis nidulans, è in grado di riparare i danni al DNA. Applicato sulla pelle prima di esporsi al sole viene attivato dalla luce e così come un meccanico, molecolare, rimuove i dimeri di pirimidina indotti dagli UVB, riparando il danno genetico.

In questo modo la foto-protezione si sviluppa su due livelli distinti e complementari: evitare che i raggi UV interagiscano con le cellule cutanee, grazie alla presenza di un fattore di protezione molto alto, e riparare gli eventuali danni degli UVB che riuscirebbero a interagire con il DNA.

In una parola, si tratta di una fotoprotezione pro-attiva.

E non è tutto perché come descritto gli UV, specie gli UVA, sono in grado di indurre uno stress ossidativo responsabile di una serie di danni cellulari di tipo degenerativo, compreso l’accorciamento dei telomeri, in quanto aumenta l’espressione di geni quali il FOS (Finkel-Biskis-Jinkins Osteosarcoma).

I telomeri, che rappresentano la parte terminale del cromosoma, sono costituiti da sequenze di DNA altamente ripetuto e svolgono l’importante funzione di salvaguardia del codice genetico.

Il loro accorciamento, fisiologico dovuto all’età anagrafica dell’individuo ma anche ai raggi UVR, è responsabile dell’invecchiamento e del rischio di carcinogenesi cutanea.

E’ intuitivo, quindi, che meno i telomeri si accorciano meno s’invecchia e più si riduce il rischio di insorgenza dei tumori della pelle.

L’enzima endonucleasi, estratto dal batterio Micrococcus luteus, modulando negativamente lo stress ossidativo e quindi l’espressione del gene FOS, evita l’accorciamento di tali telomeri.

In questo caso è sufficiente applicare sulla pelle, entro 30 minuti dall’esposizione al sole, prodotti contenenti tali enzima per eliminare lo stress ossidativo subito dalla pelle.

In una parola, si tratta di una fotoprotezione retroattiva.

Ringraziamo il Prof. Andrea Romani
Dermatologo Plastico Montecatini Terme
ISPLAD Past President
Docente Dermatologia Plastica Università di Siena

Alessio Cristianini per Margherita.net

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